Nel Consiglio dei Ministri del 18 maggio 2015 il Governo ha approvato il Decreto Legge Pensioni, trovando
finalmente una “parziale” soluzione alla delicata questione del blocco delle indicizzazioni delle pensioni
decretato nel biennio “2012-2013” dalla Manovra Salva-Italia (art. 24 co. 25 del D.L. n. 201/2011, convertito
nella L. n. 214/2011). Ebbene sì, il piano messo a punto dal Governo per porre rimedio all’incostituzionalità
della menzionata norma – sancita dalla sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale – è piuttosto
“parziale” in quanto limita il campo di applicazione dei rimborsi esclusivamente ai pensionati che abbiano
una pensione inferiore a 3.200 euro, escludendo di fatto circa 650mila pensionati.
Ma non è finita qui. La goccia che fatto traboccare il vaso – scatenando le reazioni di tutti i pensionati
coinvolti nella vicenda e non – sono state le dichiarazioni rese dal Premier, Matteo Renzi, in conferenza
stampa al termine del CdM parlando di un “simpatico bonus” (che prende il nome di “BonusPoletti”), il
quale sarà erogato una tantum giorno 1 agosto 2015 in base ad un particolare “meccanismo a scalare”, che
prevede una diminuzione del bonus al crescere del reddito pensionistico.
Più nel dettaglio, il bonus “una tantum” sarà di:
750 euro per i pensionati che hanno un assegno di 1.700 euro lordi;
450 euro per i pensionati che hanno un assegno di 2.200 euro lordi;
ed infine, di 278 euro per i pensionati che hanno un assegno di 2.700 euro lordi.
È chiaro che i pensionati vittime del blocco dell’indicizzazione, avrebbero diritto ad un rimborso
nettamente superiore rispetto a quello proposto dal Governo. Prendiamo il caso di un pensionato che nel
periodo “2012-2015” abbia avuto una pensione fissa di 1.700 euro; in tal caso, secondo uno studio della UIL
la perdita totale derivante dal blocco dell’indicizzazione è di 3.074,88 euro, mentre il “BonusPoletti” è di
soli 726 euro netti, perdendo complessivamente 2.348,88 euro.
Inoltre, a partire dal 1° di settembre 2015 sarà introdotto un meccanismo di indicizzazione rispetto agli
anni precedenti così che i principi della norma della Consulta – adeguatezza, gradualità e proporzionalità –
siano rispettati. Dal 2016, invece, ci sarà un nuovo meccanismo di rivalutazione, sempre con l’asticella
fissata a sei volte il trattamento minimo.